Milano: madri lavoratrici sempre più discriminate
Vessazioni, discriminazioni subdole e banali, mobbing. Poche tutele nella capitale italiana del lavoro femminile per le lavoratrici da poco diventate madri, considerate dalle aziende “meno produttive” .
Mobbing orizzontale
Dalle statistiche emerge una cruda realtà: le donne con figli hanno un tasso di occupazione di 14 punti inferiore rispetto a quelle senza figli. Mentre molte di loro tendono ad abbandonare il lavoro entro il primo anno di vita del bambino. “Le discriminazioni sul posto di lavoro non accennano a diminuire – spiega Ivan Lembo, responsabile Politiche sociali della Cgil di Milano – resta la differenza salariale tra donne e uomini, e la nascita di un bambino genera situazioni di crisi. Ci sono problemi anche per donne che usufruiscono dei permessi della legge 104, in alcuni casi vittime di “mobbing orizzontale” da parte dei colleghi».
Tutto questo accade nella prima città italiana per occupazione femminile, dove oltre il 65% delle donne tra 20 e 65 anni ha un lavoro. Milano, per la percentuale di donne occupate, ha raggiunto i livelli di metropoli come Londra, Parigi e Berlino. Anche se per arrivare a condizioni e tutele nordeuropee c’è ancora tanta strada da fare. Al momento, tra contratti a temine, posti fissi, lavoratori autonomi e partite Iva, su 5.000 occupati in più a Milano nel 2018 rispetto all’anno precedente 4.000 sono donne. E in Lombardia, secondo gli ultimi dati diffusi dai sindacati, nell’arco di dieci anni, dal 2008 al 2018, l’occupazione femminile è aumentata del 5.9%, mentre quella maschile si è fermata al +0.9%.
Le vere denunce sono poche
In qualche modo l’azienda vince sempre perché nella maggior parte dei casi la lavoratrice si limita ad avviare una causa al Tribunale del Lavoro. Più che una causa diventa un’autentica guerra psicologica c che il più delle volte non viene neppure portarla a termine. Spesso la denuncia verso i datori di lavoro viene ritirata senza avere neppure raggiunto un adeguato compromesso economico. Le lavoratrici subiscono in silenzio e quindi, esasperate e avvilite, se ne vanno per sempre.
Anche se sempre più emancipate e inserite nel mondo del lavoro, le madri vittime di discriminazioni sono colpite tutti i livelli. Ad esempio lo scorso aprile le lavoratrici milanesi del portale eDreams si erano riunite in presidio per denunciare la mancata concessione di part time e orari flessibili alle neomamme. Poche settimane dopo l’epilogo, con il licenziamento per la decisione dell’agenzia di viaggi online di delocalizzare, tagliando 70 dipendenti a Milano.
Trasferimenti e cambi di orari
Gli stratagemmi per legalizzare le vessazioni inflitte alle neo madri sono sempre più sofisticate. Infatti prima le aziende licenziavano le mamme dopo il primo anno di vita del bambino certe di dover affrontare una causa in tribunale. Adesso tendono a metterle in condizioni di dare le dimissioni imponendo trasferimenti o cambi di orari che rendono impossibile conciliare lavoro e vita da mamma, mettendosi più al riparo da ricorsi in legali.
Nel capoluogo lombardo al Centro Donna della Cgil solo negli ultimi tre anni si sono rivolte 1.771 lavoratrici. In particolare, nel 2018 ben 194 hanno chiesto aiuto per conciliare maternità e lavoro, 49 hanno aperto un contenzioso per discriminazione dopo la maternità e 14 hanno denunciato mobbing di genere.