Coronavirus: il tabacco potrebbe curarlo
Una delle industrie più discusse del pianeta si sta unendo alla corsa per fermare l’epidemia di coronavirus. Già nel 2012 il settore di ricerca medica del Pentagono aveva accreditato l’uso delle piante di tabacco per il rapido sviluppo di 10 milioni di dosi di vaccino antinfluenzale.
La ricerca è promettente
Reynolds American, il gigante delle sigarette della Carolina del Nord dietro i marchi Camel, Newport e Pall Mall, sta infettando le piante di tabacco in rapida crescita con un coronavirus geneticamente modificato per vedere se sono in grado di produrre anticorpi per un possibile vaccino.
Non è un’idea nuova. C’erano già state ricerche in tal senso durante la crisi dell’Ebola nel 2015 con un successo limitato. “Le soluzioni a base vegetale potrebbero nel tempo dimostrarsi più efficaci del processo tipico di ricerca” ha affermato Alan Magill, all’epoca responsabile del programma per la Defense Advanced Research Projects Agency, aggiungendo che “la ricerca è molto promettente”.
Ma restano grandi ostacoli. Ci vorrebbero migliaia di dosi per elaborare un trattamento sperimentale. Il lavoro di Reynolds è nelle primissime fasi, il che significa che l’epidemia potrebbe placarsi prima che una cura sia prossima alla perfezione. Questi fattori hanno allontanato la maggior parte delle grandi aziende farmaceutiche dal settore dei vaccini: Moderna Therapeutics e Johnson & Johnson sono le uniche aziende americane a lavorare su un vaccino contro il coronavirus, entrambe con il sostegno del governo.
I primi campioni entro il mese di marzo
Secondo gli esperti, se i risultati dovessero essere positivi, la produzione potrebbe essere avviata molto velocemente e permettere di rispondere efficacemente alla pandemia”. Per questi motivi oltre alla BioProcessing di Reynolds del Kentucky, che sta testando il coronavirus, Philip Morris ha acquisito una quota del 40% in Medicago, un’azienda che utilizza la stessa tecnologia di coltivazione del tabacco per cercare di sviluppare un vaccino contro l’influenza.
“Le persone possono essere diffidenti, ma resta il fatto è che potremmo essere veramente in grado di aiutare” ha affermato Hugh Haydon, amministratore delegato della BioProcessing. “I vaccini in crescita sulle piante di tabacco potrebbero fornire in vaccino con minori rischi finanziari per le aziende, perché le piante possono iniziare a produrre i composti necessari nel giro di poche settimane”, ha detto Palmer dell’Università di Louisville.
La società ha contattato il dipartimento sanitario dell’amministrazione Trump in merito al suo lavoro sul coronavirus e ha dichiarato che potrebbe fornire un campione al governo all’inizio di marzo. Tra gli scettici ci siamo anche noi. Però stiamo a vedere.
Calderone.news – La redazione